Mille e una nota

Dopo una pausa più o meno forzata, la Tortuga forse per il senso di colpa, si è decisa a riportare un breve scritto che riguarda la musica, e visto che a detta sua questo dovrebbe il primo di tanti (non ne siamo sicuri però), gli sembrava opportuno iniziare da, diciamo, lontano.



MILLE E UNA NOTA

Le basi della moderna notazione.

Occorrevano circa dieci anni. Dieci anni di faticoso e metodico memorizzare melodie per la liturgia, uno sforzo davvero immane. Il mestiere di Maestro Cantore, fino allo sviluppo di una notazione che potesse attivamente fungere da “corroborante mnemonico”, consisteva in tale sistematica e vorace assimilazione di canti e frammenti melodici al fine di assicurare un futuro alla tradizione del canto liturgico.

Il canto Cristiano d’occidente, quindi, si sviluppò per secoli, dopo l’evento di Cristo, senza alcun ricorso a formalizzazioni scritte nel repertorio. I primi documenti ufficiali a noi pervenuti che attestassero tale pratica sono da far risalire all’incirca ai 150 anni precedenti l’anno mille, anche se con tutta probabilità i primicerii, i maestri cantori, iniziarono a porre indicazioni musicali sulla pergamena, per proprio uso e consumo, già molti anni prima.

Le indicazioni riproducevano il gesto che solevano compiere con la mano per indicare l’ascesa o la discesa della melodia. Tale gesto, detto tecnicamente “chironomico” venne trascodificato per iscritto utilizzando prevalentemente i segni di interpunzione; alle sillabe del testo vennero sovrappostedelle indicazioni approssimative riguardanti l’altezza del suono, indicazioni che presero il nome di “neumi”.

La “notazione neumatica” assunse caratterizzazioni spiccatamente geografiche e fu legata alla volontà di privileggiare maggiormante le precisione nell’altezza delle note ( scuola di derivazione acquitana) piuttosto che le sfumature dell’evoluzione ritmica ed espressiva (San Gallo); in qualsiasi caso, data la funzione di mero supporto a una tradizione prettamente orale, ci si preoccupò unicamente di ricordare al cantore quelle particolari raffinatezze interpretative che una pur prodigiosa memoria avrebbe potuto non rammentare.





Il livello di aprossimazione della notazione neumatica fu, agli inizi, estremamente elevato. I segni di interpunzione, apposti sopra le sillabe del testo, erano in “campo aperto”, ovvero senza alcun riferimento che potesse permettere di esprimere qualcosa di assolutomriguardo l’altezza delle note. Questo tipo di notazione, detta “neumatica adiastematica” era in grado di indicare solamente per grandi linee se la melodia, rispetto all’intonazione iniziale, ascendesse o discendesse. Per poter dire “ di quale entità” fosse tale spostamento, ci sarebbero voluti dei riferimenti.

L’idea iniziale fu quella di porre una riga attorno alla quale disporre i segni. Con l’adozione della riga quale riferimento, la notazione, che ora era in grado di dire qualcosa di più nei confronti degli intervalli tra le note, divenne “diastematica”. Nella configurazione finale l’evoluzione della “diastemanzia” portò all’adozione di quattro righi. La sistematizzazione di tali tecniche si ebbe intorno all’anno mille grazie all’operare di un monano Benedettino nato a Talla, in provincia di Arezzo, e che da questa zone del Casentino prese il nome.




Guido d’Arezzo, il quale in musica ebbe altri meriti oltre a quelli legati all’evoluzione nella notazione, non fece altro, riferendoci all’aspetto trattato sopra, che coordinare i suggerimenti e i tentativi compiuti in diversi aree geografiche divulgando l’essenza, il sunto delle diverse acquisite conoscenze. Il suo sistema di notazione fu esposto nel Prolugus in Antiphonarium; tale sistema prevedeva l’adozione del “tetragramma” e la divisione di esso in proporzioni indicanti delle frasi musicali o parti interne ad esse.

Non era ancora maturata l’esigenza, tuttavia, di indicare con precisione le lunghezza delle note in virtù del fatto che il canto “monodico” non poneva problemi di “coordinamento” tra le diversi voci. In sostanza con l’avvento della polifonia diverrà irrunciabile un sistema in grado di permettere alle diverse voci di coordinarsi utilizzando in preciso “orologio”, e per costruire questo meccanismo ritmico sarà necessario definire l’unità di misura-base su cui fondare tutta l’impalcatura costruttiva.

Guido d’Arezzo, tuttavia, assunse un ruolo di estrema importanza nella musica del Medioevo per altri due fondamentali apporti innovativi. Innanzitutto per la cosidetta salmisazione, riassumibile in una geniale procedura mnemonica al fine di agevolare i cantori nell’intonazione dell’intervallo di semitono.

Un’altra importante innovazione introdotta da Guido riguardò l’invenzione delle note musicali. L’espediente mnemotecnico inventato per ricordarne l’esatta intonazione delle notesi fondava su alcune sillabe della prima strofa dell’inno liturgico in onore a San Giovanni Battista :


UT quaent laxis – Resonare fibris – Mira gestorum –

FAmuli tuorum SOLve polluti – LAbii rearum - Sancte Iohannes “.


Guido notò come gli emitichi di tale strofa iniziassero in modo da formare una ordinata successione di intervalli di toni e semitoni. Le prime sillabe di ogni emistichio permettevano di intonare una serie ascendente di sei note (serie detta “esacordo”); esse divennero il nome delle note stesse :

ut – re –mi – fa – sol – la –si.


Il si fu introdotto nel 1482 da Bartolomeo Ramis de Pareja mentre il passaggio da ut a do viene attribuito a Giovanni Battista Doni, il quale avrebbe utilizzato la prima sillaba del suo cognome.

La fondamenta della moderna notazione erano state poste.



Enzo Carlucci

Articolo apparso su “Medioevo”, numero 33 Ottobre 1999


7 commenti:

Santaruina ha detto...

Allora è deciso, ci mettiamo a parlare di musica? :-)

Blessed be
p.s.: questo comunque è un bellissimo argomento.

tortuga ha detto...

Ciao Santa,

perchè no! tra un crollo di impero e l'altro, naturalmente. :-)

Si hai ragione è un bellissimo argomento, peccato di non sapergli dare lo spazio che merita...

Ci provo.

A presto.

Santaruina ha detto...

che si dice da queste parti? :-)

A presto

tortuga ha detto...

Buondì...

Da queste parti si dice poco o nulla, anzi proprio nulla come si può vedere...

Diciamo che è un periodo un pò strano, mi sono allontanato dalla rete, faccio quotidianamente il "giro di informazione", compreso neanche a dirlo il tuo blog, ma di sicuro gli stò dedicando molto meno tempo di prima; di fatto sono meno "aggiornato", ma forse più leggero...e con "più tempo"

Questa rete la percepisco con le maglie sempre più piccole... ho la paura (senza cognizione di causa) di venire intrapolato...

Poi si sa la Tortuga è un'animale che va in letargo, magari con la bella stagione(forse prima) ritornerà fuori dal suo guscio a prendere il sole...

Grazie di essere passato... Ciao.

Santaruina ha detto...

Ti capisco perfettamente.
Vorrei anche io andare in letargo, la tortuga è saggia :-)

A presto

L'agliuto ha detto...

Largo il letargo, stretta la cinghia,
ti auguro un buon santo Natale di lunghi sonni e di parche libagioni.

tortuga ha detto...

Un grande altrettanto di cuore anche a lei l'Agliuto signor

Che le libagioni anche se ristrette non manchino mai e tantomeno manchi mai un pò di santità nel cuore.