Parole


Dopo settimane di assenza, la Tortuga ha deciso nuovamente di rifarsi viva e tediare fino alla stremo tutti quelli che passeranno da queste parti con le sue teorie. Nei giorni passati tra le altre cose si ha avuto la notizia delle schedature delle impronte digitali con relative polemiche, giustamente. A questo proposito la nostra Tortuga sembra che abbia perso la ragione per quanto starnazza ai quattro venti la sua contrarietà, cosa che a quanto pare poco importa a chi gli sta intorno, facendogli aumentare visibilmente la pazzia a un livello di pericolo. Proprio questo livello di follia non più controllata la Tortuga, afferma che un'altra faccenda merita la sua attenzione, e non solo la sua, quell'attenzione che fino ad ora non gli ha concesso. Ovvero il linguaggio. Il linguaggio e il suo rapporto con il potere e la capacità di quest'ultimo di servirsene. Ovviamente diverse persone se ne sono occupate prima e senz'altro meglio di lei.

Ipotesi di Sapir - Whorf

L' Ipotesi di Sapir-Whorf , altresì conosciuta come ipotesi della relatività linguistica, afferma che la categorizzazione linguistica non è solo frutto del nostro modo di organizzare l'esperienza, ma ne è, al contempo, la discriminante: chi "conosce" linguisticamente il mondo in un certo modo ne sarà influenzato di conseguenza, ovvero il modo di esprimersi influenza il modo di pensare.[...]


In linguistica, l'Ipotesi di Sapir-Whorf (SWH) sostiene l'esistenza di relazioni sistematiche tra categorie grammaticali della lingua parlata da una persona ed il modo in cui quella persona capisce il mondo e si comporta al suo interno. Sebbene sia conosciuta come ipotesi, si trattava piuttosto di un assioma che sottendeva il lavoro del linguista e antropologo Edward Sapir e del suo collega e allievo Benjamin Whorf L'origine dell'ipotesi di Sapir-Whorf come esame più rigoroso di questa percezione culturale familiare può essere fatto risalire al lavoro di
Franz Boas, il fondatore dell'antropologia negli Stati Uniti. [...] Sapir fu uno degli studenti più brillanti di Boas. Proseguì lo studio di Boas notando che le lingue sono sistemi sistematici e formalmente completi. Perciò, non era questa o quella particolare parola che esprimeva un particolare modo di pensare o di comportarsi, ma la natura coerente e sistematica della lingua interagiva ad un livello più ampio con il pensiero e il comportamento. Mentre i suoi punti di vista cambiarono nel tempo, sembra che verso la fine della sua vita Sapir arrivò a credere che la lingua non rispecchiava meramente la cultura e le azioni abituali, ma che la lingua e il pensiero potessero in effetti essere in un rapporto di influenza reciproca o forse persino di determinazione reciproca........

Si tratta senz'altro di una teoria come altre, ma...

Studiando l'immaginazione delle folle, abbiamo visto che le folle sono impressionate specialmente dalle immagini. Se non sempre si dispone di queste immagini, si può evocarle adoperando con giudizio parole e formule. Adoperate con arte, possiedono davvero il misterioso potere che, un tempo, loro attribuivano quelli che si intendevano di magia. Provocano nell'anima delle moltitudini le più terribili tempeste, e sanno anche calmarle. Si potrebbe innalzare una piramide più alta di quella di Cheope soltanto con le ossa delle vittime del potere delle parole e delle formule.

Il potere delle parole é legato alle immagini che evocano, e completamente indipendente dal loro reale significato. Talvolta le parole più mal definite, sono quelle che fanno più impressione. Come, ad esempio, le parole: democrazia, socialismo, eguaglianza, libertà, ecc. il cui senso é così vago che non basterebbero dei grossi volumi a precisarlo. E tuttavia alle loro sillabe è unito un magico potere, come se contenessero la soluzione di tutti i problemi. Queste parole sintetizzano diverse aspirazioni incoscienti e la speranza della loro realizzazione.
[...] Se si considera una determinata lingua, si vede che le parole di cui si compone si modificano assai lentamente col passare del tempo; mentre le immagini che esse evocano o il senso che vien loro dato, cambiano continuamente. Per questo, in un'altra mia opera, sono arrivato alla conclusione che la traduzione esatta di una lingua, soprattutto quando si tratta di popoli morti, è impossibile. Che cosa facciamo in realtà, sostituendo un termine francese a uno latino, greco o sanscrito, oppure quando cerchiamo di capire un libro scritto nella nostra lingua di qualche secolo prima ? Sostituiamo semplicemente le immagini e le idee che la vita moderna ha suscitato nella nostra mente, alle nozioni e alle immagini completamente diverse che la vita antica aveva fatto nascere nell'anima dei popoli che vivevano una vita che non ha analogia con la nostra. [...]

Le parole non hanno dunque che significati mutevoli e passeggeri, che cambiano da un'epoca all'altra, e da un popolo all'altro. Quando vogliamo operare con esse sulla folla, bisogna sapere il senso che hanno per essa in un dato momento, e non quello che esse ebbero una volta o che possono avere per individui di costituzione mentale diversa. Le parole vivono come le idee.

“La psicologia delle folle” Gustav Le Bon


Certo quelle due righe di Le Bon sono assai datate, ma ci dice che le parole hanno un bel potere .Ora s'immagini,con immane sforzo, me ne rendo conto, di vivere in un mondo dove esistono mezzi di comunicazione di massa mai vista prima, dove televisione radio internet, schermi giganti, parlano 24 ore su ventiquattro, ripetendo all'infinito la voce del potere.... questo sì, sarebbe un bel vedere...

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